Libri in vetrina

  • gioventu

     

    Mi sembra di vederla, Adriana, intenta alla macchina da scrivere mentre riporta i suoi ricordi si vecchi fogli Pigna. Quasi si giustificava della sua "velleità artistica", come la chiamava lei, di voler scrivere, ma so che in fondo teneva molto che io li leggessi e li conservassi. E io, che i suoi racconti non mi stancavo mai di ascoltarli, li conservo tutti, anche quelli che non ha mai scritto, insieme a quelli del tanto tempo passato insieme.
    In queste pagine, mia nonna Adriana, parla della guerra, del periodo da sfollata nelle alture di Chiavari, a cui si aggiunge uno scritto più breve di nonno Piero, che la guerra la visse da soldato prima, e da partigiano poi.
    Questi ricordi mia nonna me li ha regalati per i miei sedici anni. Una cinquantina di fogli scrittu a macchina, tenuti insieme da una copertina gialla, qualche fiore disegnato qua e là a matita.
    Li ho lasciati così, con tutta la semplicità linguistica e l'ingenuità storica che li rendono veri e suoi.
    E c'è l'amore, solo timidamente accennato, ma filo conduttore di tutta la loro vita, una vita insieme cominciata proprio durante quella guerra. Un amore nel quale sono cresciuta anche io da bambina e a cui devo molto da donna.

    Ai miei nonni con amore, Costanza.

  • Narra, attraverso i racconti del padre, episodi, memorie, sentimenti, paure e orrori della seconda guerra mondiale. Dalla partenza per il servizio militare sino al rientro in patria, rievocando i due anni di guerra nei deserti d’Africa, le battaglie principali come quella di El Alamein, gli oltre tremila chilometri in ritirata, seguiti dai tre anni di prigionia nei campi di concentramento americani.   merlo
  • Le storie che noi siamo ridim

     

    Questi racconti, apparsi su Il Secolo XIX-Levante, sono storie di vita di persone reali, alcune già consegnate al mito, all'immaginario popolare. Gente che ha dato un'impronta originale alla propria esistenza. Non delle pubbliche celebrità, piuttosto degli anticonformisti, intraprendenti, creativi o anche stravaganti. Creature di quella provincia, laboratorio di sogni e frustrazioni, desideri e illusioni, fughe, vite inventate per emergere dalla piatta realtà. Tipi padroni delle proprie fantasie, oggi rari. Le storie di ieri si incrociano con quelle di oggi e sono legate alla città che gli fa da sfondo: Chiavari. Dove strade, piazze, botteghe, locali pubblici, luci, suoni, odori, sono la scena e il centro del mondo di avvenimenti grandi o piccoli, felici o drammatici, momenti di vita quotidiana dei personaggi della narrazione. Alcune storie escono dalla comune cornice, per spingersi anche molto lontano, ma in qualche modo, un filo le riconduce alla città madre e ai suoi dintorni.
    I racconti sono quindi ordinati per leggerli in fila come capitoli di un'unica storia. Storia che inizia da un'antica drogheria, luogo formativo di intenso scambio sociale, penetrato di parole, di vita quotidiana, campionario di umanità e scuola di pensiero di un gruppo di amici che, quando tirano a fare tardi e le parole stanche sembra non bastino più per trovare il senso delle cose, qualcuno lancia l'idea per chiudere in bellezza la giornata: «Andiamo a vedere il mare».
    È l'ultimo rituale della compagnia.
  • Nel golfo del Tigullio, abbracciati da boschi d'ulivi, vi sono due antichi insediamenti che rivestirono nel medioevo grande importanza per la loro particolare collocazione. Il territorio di Rovereto infatti era ed è attraversato dalla antica strada romana percorsa da pellegrini diretti verso le città sante per la cristianità.
    San Pietro e sant'Andrea di Rovereto, con i loro borghi millenari, sono emblematici di un'Italia unita ma nello stesso tempo divisa da contrastanti interessi e pregiudizi, paesi distanti poche centinaia di metri eppure in conflitto perenne nel cercare di raggiungere l'indipendenza l'uno dall'altro.
    Queste chiese, da molti misconosciute, celeno al loro interno alcuni capolavori del periodo aulico della pittura genovese del XVII secolo.
    Questo mio lavoro, cercando di dare una attribuzione alle opere pittoriche rinvenute nelle due chiese, è teso a ridare il giusto valore a questi luoghi di culto così belli e così inaccessibili.
      Rovereto copertina ridim
  • Vicende del passato rid   In cinque capitoli l'autore tratta interessanti argomenti quali:
    "Lo sguardo e gli antichi liguri Tigulli";
    "El Conquistador";
    "La peste";
    "Le cave di ardesia e Pinasco";
    "Piazza Mazzini".
  • «Yesterday, December 7, 1941 – a date which will live in infamy – the United States of America was suddenly and deliberately attacked by naval and air forces of the empire of Japan».
    Queste le parole iniziali del discorso col quale il presidente Roosevelt chiedeva al Congresso degli Stati Uniti la dichiarazione di guerra al Giappone. Fu l’unica frase retorica di tutto il discorso, ma fu la frase che stigmatizzò per sempre quell’attacco nel quale 2403 americani e 65 giapponesi rimasero uccisi e 1178 feriti.
    Da allora l’umanità avrebbe assistito a ben altri e più infamanti avvenimenti, ma l’attacco a Pearl Harbor rimase il capostipite di un certo genere di operazioni militari che sarebbe rimasto sì nella storia, ma anche nella leggenda.
    Con Pearl Harbor la guerra divenne veramente mondiale e molti poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo: la Gran Bretagna, ormai allo stremo delle forze, da oltre due anni sosteneva praticamente da sola lo strapotere della Germania; gli Stati Uniti, per una spietata legge della storia, dovevano “necessariamente” entrare in guerra; il Giappone, sull’orlo di una grave crisi politico-economica, doveva conquistare il suo “spazio vitale”.
    Il “caso” Pearl Harbor fu studiato e analizzato, sottoposto a inchieste e commissioni, ma mai emersero prove attestanti che qualcuno fosse a conoscenza dell’attacco giapponese.
    Tuttavia, tanti furono gli errori commessi, le omissioni e sottovalutazioni, e troppi gli interessi in gioco, che è lecito domandarsi: “Veramente nessuno sapeva?”.
    Il giornalista nisei del Chicago Tribune Takeo Izumi, reclutato dal G2 americano, è inviato a Tokyo sotto la “copertura” di corrispondente della sua testata giornalistica per raccogliere informazioni riservate. In lui il SOE inglese individua l’uomo che può fornire alla disperata Inghilterra preziose notizie sui preparativi giapponesi alla guerra.
    Ma la Kempeitai, il controspionaggio nipponico, intercetta una trasmissione radio e, da quel momento, inizia una colossale caccia all’unico uomo che può far fallire l’ambizioso piano d’attacco giapponese a Pearl Harbor.
    La corsa contro il tempo si fa angosciosa: lo Stato Maggiore americano riuscirà ad avvisare in tempo la sua base navale e a vanificare le speranze giapponesi di un attacco a sorpresa?
    1a di copertina: Foto aerea della base navale di Pearl Harbor scattata il 30 ottobre 1941, 37 giorni prima dell’attacco. Al centro Ford Island Naval Air Station e, in alto a sinistra in centro, l’U.S. Army’s Hickam Field.
    Foto ufficiale dell’U.S. Navy, ora nelle collezioni dell’U.S. National Archives.

     

    Immagine di pubblico dominio.

      Pearl Harbor SITO1a copertina con fascetta SITO
  • La nostra gioventù nel turbine della guerra
  • Lo schiocco del merlo
  • Le storie che noi siamo
  • Rovereto e il suo territorio
  • Vicende del passato
  • Pearl Harbor